L’erosione costiera e le opere di difesa
Introduzione
Il 10 febbraio scorso si è riunita in pubblica audizione la XII Commissione consiliare permanente della Regione Lazio sul tema dell’erosione costiera.
Si rileva, purtroppo, un approccio inspiegabilmente orientato verso l’adozione di soluzioni tradizionali, superate e non adeguatamente attente alla tutela delle nostre coste.
Le opere di difesa rigide e tradizionali, infatti, sono soluzioni pagliative e inefficaci non solo nella risposta in termini di avanzamento della linea di costa, ma anche dal fatto che dalla posa di questi si innescano processi di erosione nelle zone limitrofe.
L’erosione costiera
L’erosione costiera è il risultato diretto ed indiretto delle alterazioni del ciclo dei sedimenti determinate da cause naturali e antropiche.
In sintesi, l’erosione costiera è la risultante di diversi fattori antropici:
• l’intensa antropizzazione delle coste (con la costruzione di porti, abitazioni, strutture ed infrastrutture);
• l’impoverimento dell’apporto di materiale solido dei fiumi causato dalla massiccia estrazione di materiale dagli alvei e dagli interventi di regimazione dei corsi d’acqua;
• gli stessi interventi di difesa: e ciò perché, in fase di pianificazione e progettazione di un’opera di difesa costiera, sarebbe necessario tenere conto, non solo dell’efficacia della stessa opera nel contrastare l’erosione, ma anche degli effetti che la sua presenza può generare sull’ambiente emerso e sommerso circostante.
Le opere di difesa
Per limitare l’erosione costiera esistono due fondamentali approcci: opere di tipo morbido e quelle di tipo rigido.
L’approccio con opere di tipo morbido prevede la stabilizzazione della linea di costa attraverso l’utilizzo di ripascimenti artificiali, che consistono nel versamento di materiale granulare, di caratteristiche compatibili con quelle del materiale nativo.
Fra gli interventi di tipo rigido possono annoverarsi: opere parallele alla linea di riva (longitudinali) e da questa distanziate, opere perpendicolari alla costa (pennelli), opere parallele ed aderenti alla riva (radenti), sistemi di difesa a T, muri di protezione e combinazioni dei tipi precedenti.
Gli interventi rigidi e quelli morbidi rientrano nelle opere di difesa costiera convenzionali.
Esistono, inoltre, sistemi di difesa costiera non convenzionali, come ad esempio il sistema di drenaggio B.M.S (Beach Management System), i contenitori in geotessuto riempiti con sabbia prelevata in sito e gli Artificial Reef.
Nella scelta del tipo di opera da adottare per l’intervento di difesa dall’erosione non si può agire secondo schemi semplici.
Pennelli
I pennelli sono opere di difesa trasversali, ovvero di tipo attivo – rigido, con la funzione primaria di intercettare le correnti litoranee ed interrompere in toto o parzialmente il trasporto solido longitudinale
In sintesi, gli effetti che i pennelli possono produrre sulla dinamica costiera locale dipendono dalle caratteristiche geometriche e dal loro orientamento rispetto alla direzione media del moto ondoso.
In particolare: l’interruzione o la discontinuità del trasporto solido litoraneo con trasferimento del fenomeno dell’erosione sottoflutto; la formazione di protendimenti nella zona sovraflutto e di arretramenti più o meno marcati nella zona sottoflutto (downdrift); la deformazione della linea di riva, che tende a orientarsi ortogonalmente alla direzione media del moto ondoso sottocosta; la modificazione del profilo di spiaggia sopraflutto, che tende a divenire sempre più ripido in prossimità della struttura per l’accumulo di detriti grossolani e del profilo di spiaggia sottoflutto in funzione dell’entità delle variazioni della granulometria dei sedimenti presenti e la formazione di correnti di ritorno (rip currents), aderenti al pennello e/o tra un pennello e l’altro, che possono compromettere la stabilità dell’opera e deviare le correnti litoranee, talora con perdite localizzate dei sedimenti trasportati verso il largo.
I pennelli sono consigliabili dove la deriva litoranea è ben definita, allo scopo di ridistribuire lungo il litorale gli apporti sedimentari in ragione del regime ondoso e della configurazione del litorale.
Frangiflutti
I frangiflutti sono, in genere, realizzati in gruppi di elementi di lunghezza modesta, separati da varchi aventi lo scopo di consentire lo scambio delle acque, l’ingresso dei sedimenti o il transito di piccoli natanti.
A seconda della quota a cui è posta la sommità dei frangiflutti, essi si distinguono in emergenti o sommersi, anche se frangiflutti abitualmente emergenti, possono comunque essere efficaci in condizioni di alta marea sebbene con forte tracimazione, come pure, talvolta, quelli sommersi in bassa marea.
Dette opere possono essere fisse, galleggianti o ancorate al fondo. La scelta è in funzione della profondità delle acque e dell’intensità delle maree. Le strutture fisse possono essere semplici grosse pietre appoggiate una sull’altra in modo da originare una spessa barriera o oggetti in cemento dalla forma complessa, pesanti e ben appoggiati o murati l’uno con l’altro.
I frangiflutti tradizionali sono costituiti con grandi massi di cemento o scogli che si estendono dal fondale fino alla superficie, escludendone quindi l’impiego in acque profonde, e originano installazioni rigide e permanenti.
I frangiflutti dissipano l’energia dell’onda frangente originando sul lato terra una zona di bassa agitazione, cd. di ombra, dove tende a depositarsi il materiale trasportato lungo riva dall’azione combinata dell’onda e delle correnti.
La formazione di tale accumulo, che in alcuni casi può diventare un vero e proprio tombolo realizzando la connessione tra la spiaggia e la barriera, ha l’effetto di impedire il transito lungo riva delle correnti litoranee e rende la barriera funzionalmente simile ad un pennello. In presenza di una forte deriva litoranea, il deposito a tergo della barriera induce un avanzamento della riva protetta, a cui fa riscontro un’erosione comparabile sulle spiagge adiacenti.
Geotubo
In Italia opere realizzate con sacchi di geotessuto riempiti di sabbia si riscontrano sin dagli anni ’80 in Emilia Romagna e, tuttavia, il loro impiego è stato molto limitato a causa del principale difetto allora riscontrato, ossia la breve durata delle opere a causa della rottura dei sacchi. Le opere di difesa con contenitori in materiale geosintetico riempiti di sabbia sono da suggerire ove vi è larga disponibilità di sabbia e se non è disponibile materiale di cava di buona qualità per la costituzione di dighe a scogliera. I geotubi sono costituiti da contenitori realizzati con materiale polimerico, segnatamente polipropilene, poliestere, polietilene o poliammide, aventi caratteristiche di permeabilità. I geotubi sono tipicamente adoperati per basse profondità. In genere, tali opere vengono disposte in presenza di modesti attacchi ondosi e presentano il vantaggio di essere facilmente realizzabili, manutenibili e riparabili (Aminti ed al., 2004; Mori, 2008).
Il principale svantaggio di tali unità è legato alla ridotta resistenza meccanica e all’elevata sensibilità sia all’ambiente marino che all’esposizione ai raggi solari. Dette barriere agiscono allontanando dalla riva le correnti longitudinali alla costa che, diversamente, tenderebbero ad asportare nuove porzioni di arenile. In tale contesto si rappresenta la necessità di uno studio serio ed approfondito delle correnti sottomarine.
In sintesi, i vantaggi sono il basso impatto ambientale, la rimozione facile delle singole unità, l’incremento della crescita delle specie marine e la rapidità di costruzione; mentre i discapiti sono l’assenza di linee guida per la progettazione, l’innalzamento del livello del mare a tergo delle opere la formazione di correnti e turbolenze in prossimità dell’opera e la resistenza ridotta a danni di tipo meccanico o vandalismi.
Ripascimento
Il ripascimento è un intervento di difesa morbido che consiste nel versamento di sedimenti idonei, di provenienza marina o terrestre, sulla spiaggia emersa e/o sommersa. Il materiale viene movimentato a terra e ridistribuito dalle onde lungo il profilo di equilibrio. Con il ripascimento si ripristina o stabilizza la spiaggia in erosione.
L’opera agisce sul bilancio dei sedimenti di un tratto di litorale, rendendo lo stesso positivo o nullo. Tale intervento può essere eseguito in un’unica soluzione o mediante alimentazione periodica, con quantità di sedimento da stabilirsi.
Infatti, il profilo di equilibrio della spiaggia è in funzione della granulometria dei sedimenti. Le dimensioni dei sedimenti che possono essere trasportati sulla spiaggia sono determinati dal livello energetico locale, ovvero dal moto ondoso e dal regime anemologico costiero. Alle classi dimensionali di detti materiali corrispondono specifici angoli di riposo. Un materiale detritico sovrapposto ad altro materiale avente angolo di riposo maggiore genera condizioni di equilibrio metastabile.
Una qualsiasi sollecitazione dinamica ne determinerà l’allontanamento immediato. Gli interventi di ripascimento, quindi, non avranno successo se non si considera il suddetto aspetto.
Infine, nei ripascimenti la conclusione dell’intervento non coincide con il termine delle operazioni di posizionamento della sabbia sulla spiaggia, ma include il tempo necessario affinché il sedimento preso in carico dal moto ondoso venga ridistribuito lungo la spiaggia fino al raggiungimento del nuovo profilo di equilibrio.
Tecnoreef
Il tecnoreef è costituito da strutture componibili dedicate alla tutela, allo sviluppo e alla rigenerazione dell’ambiente marino nel pieno rispetto del delicato equilibrio biologico. Nello specifico, è un manufatto in calcestruzzo armato costituito da elementi naturali assemblati in svariate combinazioni e con fori in grado di originare strutture stabili e complesse sui fondali marini e lacustri.
Le pareti dei fori sono inclinate verso l’interno e, unite fra loro, possono costituire una semplice piramide, sistema di base, o strutture più complesse. Le strutture piramidali vengono assemblate inizialmente a terra. L’unione degli elementi costituenti il manufatto è ottenuta mediante bulloneria metallica in acciaio inox.
L’approccio al tecnoreef si basa su un’idea semplice: non fermare la forza del mare, bensì assorbirla.
La struttura aperta permette all’onda di entrare all’interno dove, generando diverse turbolenze, ne esce sensibilmente indebolita (50% in meno).
Infatti, il gradiente di permeabilità delle strutture, ovvero il rapporto fori – superficie, permette alla piramide di essere efficace ed efficiente allo stesso tempo senza diventare nel contempo un manufatto che opponga una resistenza rigida alla forza impattante.
Detta tecnologia scompone l’energia del moto ondoso e, al contempo, svolge la funzione di una vera e propria nursery area, ovvero una struttura in grado di proteggere le specie ittiche.
La struttura costituente il tecnoreef è sempre composta “su misura” e si adatta alle caratteristiche geomorfodinamiche del sito di applicazione.
I moduli posti alla base della struttura scaricano sul fondale le tensioni verticali indotte dal peso di un qualsiasi punto della struttura stessa e le loro pareti inclinate si ancorano sul fondo in modo stabile e definitivo.
I moduli sono in grado di resistere alle spinte delle correnti e agli effetti di trascinamento delle reti. Allo stesso tempo, dato che la base della struttura è sempre, in qualsiasi composizione, più ampia del culmine, la forza scaricata su ogni singola piastra di base non è mai eccessiva, evitando così l’affondamento della struttura nel fondale.
La presenza di fori a varie inclinazioni garantisce la presenza della luce solare all’interno della struttura e il conseguente sviluppo di biofouling, ovvero la colonizzazione da parte di organismi sessili animali e vegetali che, mediante le spore, larve e forme giovanili, entrano in contatto con le superfici dure e vi si insediano stabilmente.
Le aperture devono essere di dimensioni proporzionate alle superfici delle strutture, in genere non inferiore al 50% delle superfici.
Il calcestruzzo adoperato è costituito solo da elementi naturali, come sabbia lavata e ghiaia spezzata. Nel dettaglio, si adopera calcestruzzo a basso impatto ambientale, ad alta resistenza caratteristica, privo di additivi per migliorare la resa e avente un pH simile a quello dell’ambiente acquatico marino, comunque mai superiore a 9.
Per la posa delle strutture si può utilizzare qualsiasi tipo di imbarcazione, dal gommone al pontone, con o senza gru.
Data la tipologia e la compattezza del calcestruzzo e la presenza di strutture esclusivamente in acciaio inox, la durata in servizio è ampiamente superiore ai 50 anni.
Il tecnoreef può essere impiegato per l’antierosione costiera, la rinaturalizzazione e riqualificazione dell’ambiente marino, l’impedimento meccanico della pesca a strascico, il contenimento della sabbia, il ripopolamento ittico, l’attecchimento corallino e la protezione e non alterazione della Poseidonia.
Detta tecnologia permette di dissipare l’energia del moto ondoso, favorire la deposizione del sedimento tra barriera e spiaggia, garantire un buon ricambio delle acque nelle zone protette, accrescere la biodiversità del sistema, con l’introduzione di nicchie ecologiche diversificate in funzione della luce, della profondità e della temperatura, sviluppare, specialmente in acque eutrofiche, una biomassa, come ad esempio mitili, ostriche ed altri organismi sessili. I vantaggi nell’utilizzo del tecnoreef sono la rapidità di fornitura dei moduli (30 gg. lavorativi); la facilità economica del trasporto, assemblaggio ed immersione dei moduli; la stabilità elevata; la capacità autoancorante e l’antiaffondamento dei moduli; l’elevata resistenza all’azione del mare; la riduzione dei costi di posa in opera; l’insediamento di forme larvali; il flusso continuo di acqua all’interno delle strutture con conseguente apporto di sostanze nutritive e sviluppo di organismi filtratori; l’impiego di calcestruzzo ecologico, cd. “sea – friendly”, e la possibilità di riposizionare e sollevare la struttura. L’opera non interferisce con eventuali interventi di ripascimento presenti o futuri. Infine, la morfologia dei fondali non subirà modificazioni.
Conclusioni
La difesa dei litorali va inserita all’interno di un contesto d’azione integrata a medio – lungo termine in cui devono essere considerati gli effetti indiretti, che riducono la resilienza delle spiagge, e quelli diretti causati dall’erosione costiera e dai cambiamenti climatici.
Gli interventi di difesa devono essere integrati in un piano che deve includere criteri di sviluppo sostenibile e tutela ambientale in quanto la conservazione dei litorali sabbiosi ben sviluppati e il contrasto all’erosione costiera rappresentano, in genere, una strategia di difesa e di riduzione del rischio di inondazione dei territori costieri.
A cura della dott.ssa Ilaria Falconi
Tecnico ISMEA presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.
Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale
Consigliere Nazionale SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale)
Consigliere SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale) Sez. Lazio